mercoledì 10 settembre 2014

La prima Bibbia in ebraico fu stampata in Calabria



Venne alla luce in una bottega di Reggio Calabria nel 1475, a vent’anni esatti da quella stampata da Gutenberg. Una preziosa rarità conservata presso la Biblioteca Palatina di Parma. 




Si pensa alla Calabria e vengono in mente i soliti stereotipi. Invece no, questa Regione sa sorprendere per la sua storia e per il suo contributo allo sviluppo della cultura internazionale.
Facciamo un salto indietro di oltre 500 anni. Nel 1450 Johann Gutenberg, il tipografo inventore della stampa a caratteri mobili, stampò la prima Bibbia, con una tiratura di 180 copie: un primato. Il secondo primato, però, spetta alla Calabria. Facciamo un salto in avanti di vent’anni e arriviamo a Reggio Calabria, quartiere della Giudecca, la zona a residenza ebraica della città: qui si trovava la bottega da tipografo di Avrhaham ben Garton che stampò, nel 1475, la prima Bibbia in ebraico edita con data certa.

L’operazione gli riuscì grazie ai finanziamenti dei commercianti di seta ebrei della città: sembra una storia ambientata ad Amsterdam, invece tutto è accaduto sulle coste dello Stretto di Messina. Oggi il prezioso incunabolo è conservato presso la Biblioteca Palatina di Parma: mancano solo due pagine: sono esposte niente meno che al Jewish Theological Seminary di New York (Rare Book Room). «Si tratta di un esemplare di inestimabile valore – spiega Grazie Maria De Rubeis, responsabile dell’ufficio manoscritti della biblioteca parmense – è stato assicurato per oltre un milione di euro. Questo volume contiene la seconda edizione, che segue quella romana databile tra il 1469 e il 1473, del commento al Pentateuco per opere del talmudista Šelomoh ben Yişhah (1040-1105). Non è noto come dalla Calabria sia arrivata a Parma. Sicuramente questa rarità appartenne all’abate piemontese Giovanni Bernardi De Rossi, insegnante alla Facoltà Teologica di Parma dal 1769 al 1821.

La copia, insieme ad altri importanti documenti della cultura ebraica in Italia, fu acquistata nel 1816 da Maria Luigia d’Austria per donarla alla Regia Bibliotheca Parmense. Ed ora è esposto alla Palatina: «Un tesoro – precisa la dottoressa De Rubeis – di 115 carte, legatura in cuoio, titolo, dati editoriali e fregi impressi in oro». La testimonianza di un’antica arte della stamperia ebraica che trovò in Calabria il suo centro di diffusione. L’esemplare di pregio è stato protagonista al recente Salone internazionale del Libro di Torino. Spiega l’assessore alla cultura regionale Mario Caligiuri: «La presenza della Calabria come regione ospite al Salone esprime la volontà di un territorio di promuoversi attraverso la cultura: da qui l’importanza data a questo incunabolo».
Una tradizione di eccellenza per una regione che punta sulla cultura per proiettarsi al futuro e viverlo da protagonista.

da "Famiglia Cristiana" Giorgio Trichilo


 

martedì 8 luglio 2014

SI STA UCCIDENDO LA "CLASSE MEDIA" IL NUOVO MEDIOEVO AVANZA




Secondo alcune ricerche, sono a rischio di ulteriore distruzione ben il 47% dei mestieri attualmente praticati e il 40% della forza lavoro.
Alcuni esempi sono Kodak, che impiegava 140.000 persone, oltre ad un enorme indotto per la distribuzione e commercializzazione di miliardi di pellicole, poi per il loro sviluppo e conservazione, è stata praticamente sostituita dai telefonini, da qualche app e qualche “social”.
Instagram impiega 13 dipendenti, ed è stata appena venduta per un miliardo di dollari (Kodak ne valeva 28 con tutti i suoi stabilimenti). Le catene di viaggi cedono a Expedia, Orbitz; le librerie ad Amazon; le case editrici a Kindle e al fenomeno dei libri fai-da-te; i traduttori stanno per essere spazzati via da software di traduzione che impiegano le innumerevoli traduzioni esistenti fatte da uomini, per automatizzarle e renderle sempre migliori con l’uso; Skype sta per lanciare un servizio di sottotitoli automatico che “farà fuori” gli interpreti (magari insieme a Google glass); l’istruzione universitaria potrà essere distribuita da Berkeley in tutto il mondo, a decine di milioni di discenti, a prezzi unitari bassissimi; una app (“Uber”) farà fuori i tassisti; altre stanno facendo lo stesso con gli alberghi; arriveranno le Google Car, a sfidare i camionisti; ma la cosa non dovrebbe lasciare tranquilli neppure gli analisti di borsa (“Warren”), i giornalisti, i commercialisti, gli avvocati, gli architetti, etc.
E’ il modello della new economy, winner takes all.
Cosa resterà? Sicuramente una élite dotata del capitale che prenderà tutto. Poi? Qui la cosa si fa difficile: l’apologia dell’individualismo estremo ci deve far pensare. In mezzo? Se nessun meccanismo pubblico o privato (ma regolato) distribuirà le risorse anche agli "altri" avremo un centro deserto.
Fondamentalmente l’economia diventerà un sistema in cui i beni sono prodotti in modo automatico da una piccolissima parte dei lavoratori (la tendenza è scendere molto sotto il 10%, forse sotto il 5%), lavoratori che varranno sempre meno e a cui pagheranno stipendi sempre più bassi; il resto, la grande parte della società resterà impegnata in circuiti di auto-cura di reciprocità, poveri dal punto di vista monetario, ricchi da quello sociale e antropologico.
Una società che potrebbe ricordare il medioevo.
R.Napoli

martedì 22 aprile 2014

Diventiamo più buoni!

martedì 15 aprile 2014

U PRIMU JURN'I SCOLA



di Antonio Strigari

Ara prima medija, u primu jurn’i scola,
cu bbona vuluntà e nna cartell’i sola
i scarpi nivuri, lucenti, Giuvanni Bianchi
ccu l’atrhi trhasa e si seda d’intrh’i banchi.
U prufissor’i chiam’ad’un’ad’unu
ppi sapiri da l’oro chini sunu.
Ci dicia i si gazar’e diri ognunu
numi, cugnumi e puri addrhuvi stanu.

Quand’attocc’a Giuvanni s’aza d’iddrhu
e cuminciad’a diri beddrhu beddrhu
“Giu … Giu … Giuu … Giuva… aa.. nni”
Schattan’a ridi … tutti quandi l’atrhi alunni.

U prufissori ci dicia: “Si cacagliu?”
e Giuvanni rispunda:”No, è nu sbagliu …
i nu critinu d’impiegatu du Cumuni
ca all’anagrafi scriviad’i pirsuni.

Patrima era cacagliu e quand’è jutu,
e ru numi miju ha ditt’a stu ‘mpiegatu,
chiddrhu ciotu, paru paru l’ha scrittu
cumi patrima ad iddrhu cci’avia dittu”.

"La Processione del Venerdi Santo" di Cenzino Ciofi